Il testo è stato scritto in occasione del centenario del complesso filarmonico Giovanni Gabrieli di Bovezzo. Un secolo breve ma intenso che racconta attraverso le vicende della sua banda il viaggio che

ha portato tutta la nostra nazione dall’antico al moderno, dai carri nei campi agli aerei nel cielo come cantava Tenco.

Questo complesso musicale formato nel 1919 da uomini reduci delle trincee, fu organizzato dal nobile Giovanni Rota, dal senatore Angelo Passerini e da don Giuseppe Forioli, giovane curato appassionato di musica. La prima esibizione non a caso in occasione della commemorazione della Prima guerra mondiale nel 1920. Diversi i maestri e di valore quelli che contribuirono alla crescita di questo primo gruppo di strumentisti: Francesco Andriotti, Pietro Monchieri e Giuseppe Rizzolini e Giovanni Ravelli. Al termine del secondo conflitto mondiale la banda fu rilanciata dall’industriale Antonio Stefana e negli anni Settanta diventò un vero e proprio complesso filarmonico con relativa accademia sulla spinta del maestro Clemente Duni e di Mario D’Aprile. Numerose da allora le esibizioni ad alto livello, come quella a Vienna e alla radio nazionale austriaca. Negli anni il complesso Gabrieli, che prende il nome dal celebre musicista veneziano, ha contribuito a consolidare il senso di appartenenza di Bovezzo, dove, a partire dagli anni Sessanta del Novecento arrivarono parecchie persone da fuori. Non solo: tuttora sono in tanti i giovani che grazie a questa istituzione si appassionano alla musica e sono anche arrivati a livelli di eccellenza.